Diabolik meets Scheletrino

Diabolik meets Scheletrino

Auspicavo il secondo volume delle avventure di Scheletrino, dopo aver letto il primo, pubblicato nel 1994 da Giancarlo Malagutti, che aveva raccolto tutte le storie del parodico criminale (forse dovrei scrivere “kriminale” con la kappa) scritte e disegnate da Alfredo Castelli tutto da solo (one man show), in una antologia che si fregiava di una copertina di Giorgio Cavazzano in cui comparivano, oltre a Scheletrino (evocato in realtà soltanto da un’ombra) anche Martin Mystère e Java. 

 
La prima serie di Scheletrino, quella appunto castelliana, va dal 1965 al 1967 (39 storie in tutto), apparse in appendice a Diabolik: si dice che le sorelle Giussani pubblicassero volentieri le tavole del giovanissimo Alfredo perché, essendo Scheletrino appunto raffigurato come uno scheletro, ritenevano che prendesse in giro principalmente il personaggio maggior concorrente del Re del Terrore, ovvero Kriminal. In realtà, Scheletrino prendeva in giro in generale tutti i “neri” italiani, i fumetti con la “K” (ma anche quelli con la X, la Y e J). Ma più in generale era un fumetto demenziale sulla falsariga di quelli che apparivano su Mad, e in linea con i primi fumetti satirici a sfondo sociale e anche politico, pur senza la pretesa di denunciare alcunché. Se inizialmente Scheletrino era un soltanto un ladro sfortunato,a cui vanno tutte male mentre a Diabolik vanno tutte bene, un po’ alla Cattivik (che comunque è successivo), successivamente diventa un vero e proprio meta-fumetto, uno di quelli cioè in cui il protagonista sa di essere un eroe di carta e interagisce persino con i redattori della propria Casa editrice (uno dei suoi scopi è prendere il posto di Diabolik nel palinsesto della testata). 

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